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Mercoledì 11: Pronti come i pompieri,
alle 12:00 in punto, ci siamo trovati alla stazione di Cividale
alle prese con il primo ritardo del treno di circa 40’. Nessun
problema, a parte la seccatura. Ben più consistente il ritardo
aereo di circa 2 ore della linea Eurofly. Dalla stazione di
Bologna all’aeroporto la navetta costa ben 5 € a persona.
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Finalmente
siamo decollati alle 18:30 e, senza particolari problemi, siamo
sbarcati al JFK alle 22:00 ora americana (per noi le 4 del
mattino !!!). Tra gli obblighi di dogana c’è il rilevo delle
impronte digitali e la foto segnaletica. Arriveranno anche in
Italia? |
Un taxi
(11 $) ci ha portato all’Hampton Inn che si trova a 10 minuti di
strada, presso l’Hotel Hilton. E’ una discreta sistemazione, già
prenotata da casa (191 € la tripla), con 1° colazione
abbondante. |
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Giovedì
12:
Una navetta gratuita dell’Hotel ci
ha condotti nei pressi dell’aeroporto, ove ha sede l’agenzia di
noleggio AVIS e senza troppe formalità ci è stata consegnata la
Chevrolet Cobalt, rosso fiamma, un coupé due porte con alettone. |
Alle 11:30
ci siamo incamminati nella marea di traffico, diretti verso
nord, in direzione Newport, distante 285 Km, nello stato del
Rhode Island, il più piccolo degli USA. In uscita da New York si
attraversa un ponte a pedaggio (4,5 $) e altri due pedaggi si
incontrano lungo la strada. Trattasi comunque sempre di cifre
irrisorie (1,25 e 2 $) se confrontate alle tariffe italiane. |
1° nota: In viaggio,
fin dal primo giorno, abbiamo scoperto di avere con noi una
gradita ospite, Silvia, il navigatore satellitare Garmin. Silvia
non è particolarmente simpatica e i suoi argomenti sono poco
vari ma ha molto viaggiato e conosce l’America come le sue
tasche. Il suo suggerimento si è dimostrato a dir poco prezioso
e in ogni momento ci ha aiutato in modo disinteressato e
competente, sia sui mega svincoli autostradali che nella ricerca
di alberghi e ristoranti. Di buono ha anche che dorme in auto. |
Verso le 17
abbiamo attraversato un lungo ponte che collega la penisola di
NEWPORT alla terraferma. Il navigatore, non senza qualche
giravolta, ci ha condotti al primo di una lunga serie di
ECONOLODGE, catena di motel economici ma decisamente dignitosi,
che abbiamo ritrovato anche in Canada (1359 West Main Rd –
Middletown: 81 $ con due letti Queen e prima colazione.
L’indicazione proveniva da Internet). |
2° nota: Nei motel vengono indicati come King i
letti matrimoniali e come Queen i letti da una piazza e ½. Per
lo più i nostri motel, è superfluo dirlo, avevano due letti
Queen. |
Il centro storico è denominato THE POINT, chiuso
al traffico e decisamente animato. La via principale è Thames
Street, circondata da edifici in legno del ‘700 o dell’800.
In Saint Mary Church si sposò J. F. Kennedy.
Molti i negozi, i bar, i ristoranti: un ambiente veramente
vivace nei pressi del porto. Per la cena la nostra scelta è
caduta sul ristorante PIERRE 49, sul mare, con orchestra live.
Un fritto misto abbondante e birra, spendendo 71 $ in tre
(Silvia non mangia). |
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Venerdì 13:
Per un colpo di insonnia
sono uscito da solo verso le 5:30 per una ispezione dei dintorni
e per qualche fotografia tranquilla. In pratica ho poi ripetuto
lo stesso giro dopo colazione con consorte e figlia. Superato il
centro storico, in un primo momento ho raggiunto Goat Island, in
gran parte occupata da un albergo, poi ho seguito la OCEAN
AVENUE fino a FORT ADAMS. Bello il porto, mentre il
forte non sembra un gran ché, per cui non abbiamo fatto la
visita guidata. Interessante, sulla collina prospiciente, la
villa di Eisenhower, e un piccolo quartiere molto elegante di
villette bianche, di legno, con l’immancabile bandiera americana
esposta nel giardino. |
Ocean
Avenue prosegue per una decina di Km. costeggiando il mare ed è
punteggiata di ville sempre più clamorose. Da rifarsi gli occhi.
Termina dall’altra parte della penisola, continuando con
Bellevue Avenue, famosa per le ville storiche, una decina di
veri e propri castelli, costruiti all’inizio del novecento da
eccentrici nababbi. Alcuni sono visitabili. Abbiamo preferito
parcheggiare in Narraganset St., percorrendo poi il CLIFF
WALK, un sentiero tra gli scogli dal quale si ha la veduta
delle ville dal mare. La spiaggia di Newport, Easton’s Beach, è
sabbiosa e alquanto modesta. |
Dopo la
necessaria sosta in un market per i rifornimenti, ci siamo
diretti a nord. Un pranzo a sacco sotto gli alberi, su tavoloni
di legno in un’area sosta autostradale, e poi via verso CAPE
COD, distante poco più di 120 Km. |
Tramite
internet avevo localizzato un motel dotato di piscina e in
effetti abbiamo trovato la nostra sistemazione presso il Red
Mill Motel (793, Main St) a South Yarmounth, a 93 $, una stanza
dotata di cucinotto e frigorifero. Dopo il meritato e
inevitabile bagno in piscina abbiamo raggiunto in auto la
spiaggia del paese, distante un paio di Km. L’impressione è
stata desolante: uno spiaggione semideserto, forse causa
l’orario (le 18:30) o il tempo incerto. A circa 7 Km (costa sud
di Cape Cod) si trova HYANNIS, località di villeggiatura
dei Kennedy. L’immancabile Memorial è un semplice monumento sul
mare, in una bella pineta. |
Abbiamo
attraversato il bosco, seguendo la Nazionale 6A per una trentina di
km. verso nord ovest. La strada è particolarmente panoramica, con
belle ville e cottages. Seguendo la guida ed un articolo di Gente
Viaggi, abbiamo sostato nei pressi della famosa SANDY NECK BEACH.
L’accesso alla spiaggia di giorno è a pagamento. La fama non è per
nulla meritata: superata una fila di belle dune erbose, si accede ad
un sabbione lineare e piatto. |
Poco distante
SANDWICH che non è un panino ma un magnifico villaggio di
ville immerse in una pineta intorno al lago. E’ possibile visitare
il museo del vetro, un antico mulino (Dexter Grist Mill) e la
Hoxie House (vecchia abitazione dei pionieri) che ho
fotografato dall’esterno. L’insieme è molto carino. Cena presso la
Sandwich Pizza House per assaggiare una pizza concepita da persone
dalla mente malferma. Per fortuna solo 33 $ con le bibite.
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Sabato 14: La colazione
presso il Red Mill Motel è decisamente modesta, a base di pochi e
cattivi biscotti. Abbiamo seguito la“28” verso est per 15 km. fino a
CHATAM, un
grazioso paese di casette bianche in stile coloniale, con
gallerie d’arte e negozi a significato prevalentemente
turistico, intorno alla
solita chiesa battista dal campanile bianco e aguzzo. |
E’ forse la
località più elegante, dotata di una spiaggia molto rinomata, la
Chatham Light Beach,
sotto lo storico faro della guardia costiera (Chatham Light
House). Anche qui basse dune in parte erbose e un vasto arenile.
Gli americani della east coast si accontentano molto. Discreta la
veduta dall’alto della strada panoramica. |
Abbiamo seguito la litoranea (n° 28) verso nord,
costeggiando boschi e belle lagune, fino alla Marconi Beach.
Sulla spiaggia si erge il monumento a Guglielmo Marconi che da qui
lanciò il primo segnale radio attraverso l’Atlantico. L’accesso alla
spiaggia costa ben 15 $, previsti per trascorrervi l’intera
giornata. Molto dispiaciuti per Guglielmo ci siamo persi il suo
monumento, avendo in programma altri itinerari.
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Verso le 13 abbiamo raggiunto PROVINCETOWN (52
Km da Chatham), la località sicuramente più rinomata dell’intera
penisola. Si trova all’estremità nord ed è attraversata da una
stretta strada (Commercial St) con negozi, gallerie d’arte,
belle casette in legno bianco con giardini arredati in modo
fantasioso. Difficilissimo parcheggiare. Abbiamo trovato un posto
sulla punta ovest, vista a mare, e in un parchetto con annesso
monumento ai Padri Pellegrini abbiamo pranzato a sacco (Pilgrims
First Landing Park). |
Se i Padri Pellegrini tornassero in questo paese si
straccerebbero le vesti gridando allo scandalo. Provincetown è
infatti la “Mecca” dei gay della costa nord-est. Facilissimo vedere
nerboruti maschioni passeggiare per mano, esibendo estesi tatuaggi,
o coppiette di travestiti in atteggiamento affettuoso. Ah l’amour!!!
Cercando una toelette, sono entrato per caso nel rinomato
Boatslip Beach Club, un locale sul mare per soli uomini. Grandi
esibizioni di affetto sul bordo della piscina e nell’acqua. Ho
preferito non aderire al Tea Party previsto per le ore 17. La
cittadina è dominata da un’alta torre di granito, il Pilgrim
Monument, di pessimo gusto, che riproduce in brutto la torre del
Palazzo della Signoria di Firenze. Per ricordare i Padri Pellegrini
hanno mobilitato pure Firenze. Poco lontano dal paese, verso nord,
abbiamo costeggiato la Race Point Beach, con alte dune.
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Da Provincetown a BOSTON sono circa 3 ore di
autostrada (Hwy 6 - km.189). La città appare molto spettacolare fin
dalle rampe autostradali da cui si ha una magnifica veduta degli
alti grattacieli della downtown. Dopo alcuni tentativi, abbiamo
trovato una sistemazione nel quartiere nord-occidentale di
Cambridge, (A Cambridge House Inn, 2218 Massachussets Ave).
Siamo stati sistemati in una dependance, una casetta stile
“sette nani” in un appartamento ampio, con camino e arredamento tipo
“casa delle bambole”, situato nel seminterrato. Una sistemazione
molto bella anche se un po’ cara (178 $ a notte, compresa una prima
colazione molto abbondante e il parcheggio gratuito).
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A poche centinaia di metri abbiamo trovato, con
l’aiuto del navigatore Silvia, la Frank’s Steakhouse (2138,
Massachussets Ave) un ambiente elegante e raffinato ove abbiamo
assaggiato il famoso King Rib, un filetto di manzo, clamoroso per
dimensioni ed eccezionale per bontà. Chi non ha assaggiato il rib
americano non può immaginare. Una spesa ridicola: 67 $ in tre con la
birra e il dessert.
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Domenica 15:
A circa 500 mt. dall’albergo si trova la fermata
della metropolitana, denominata MBTA e indicata sulla strada con una
T (fermata Davis). Ogni viaggio costa 2 $. Siamo usciti a
Park Street, nei pressi del parco Boston Common. Il parco è
dominato dalla State House, il palazzo del governo, risalente
al 1798, e sormontato da una bella cupola dorata. Visitare Boston è
semplicissimo. Occorre seguire il Freedom Trail, un percorso
di circa 4 Km indicato da una striscia rossa sul marciapiede che
collega tutti i monumenti e i luoghi storici importanti. A Boston
(come a Berlino) non si perde neanche un bambino. |
La Park Street
Church, di epoca coloniale, è il primo di questi luoghi.
Interessante l’interno. A fianco il Granary Burying Ground è un
cimitero risalente al 1660 che ospita illustri eroi della
indipendenza americana, tra cui Samuel Adams e Paul Revere. |
E’ possibile acquistare un biglietto cumulativo che
permette la visita ad alcuni musei situati lungo il percorso (per un
costo di 11 $ adulti e 3 $ ragazzi). Nei pressi della Old South
Meeting House, una protesta contro le tasse sul the divenne una
vera sommossa contro gli inglesi, il famoso Boston Tea Party. La
Old State House è ora trasformata in un vasto museo: dalle
finestra fu data lettura alla dichiarazione di indipendenza. Molto
caratteristica la Paul Revere House, del 1680, ben conservata
e visitabile all’interno. Questi luoghi sono fondamentali nella
storia della Indipendenza Americana. |
E’ possibile optare per una visita guidata: in tal
caso si è accompagnati da buffi personaggi vestiti da eroi della
indipendenza che alternano lunghe spiegazioni a canzoni e ritornelli
dell’epoca, cantati a squarciagola per strada. Altra soluzione è
rappresentata dal Boston Duck Tours, una escursione su mezzi
anfibi risalenti alla 2° guerra mondiale, che attraversano le strade
della città per poi entrare nelle acque del Charles River. Le cose
più assurde.
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Colpisce molto la vicinanza di vecchi edifici storici
con moderni grattacieli di vetro e acciaio. Abbiamo pranzato presso
il Quincy Market, l’area dei vecchi mercati. Gli edifici
storici che la compongono sono ora utilizzati per negozi e fast
foods (Pizzeria Regina) ma sicuramente è l’area più vivace della
città, animata da artisti e musicisti da strada. Poco distante si
trova la City Hall Plaza che, nell’occasione, ospitava un
gruppo di portoricani con una allegra orchestra. |
Il percorso prosegue poi nel quartiere denominato
North End, abitato prevalentemente da italiani. Non più
grattacieli e palazzi, ma una successione di bassi edifici storici
in un dedalo di piccole vie. Abbondano i ristoranti e le pizzerie
italiane. Ci siamo imbattuti nella processione di San Rocco,
ricoperto di banconote da 1 dollaro e portato a spalla da uno
sparuto gruppo di fedeli, seguiti da una scalcinata banda musicale.
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Attraversato il Charleston Bridge, il nostro giro,
decisamente faticoso per il caldo, si è concluso con la visita alla
USS Constitution, la più antica corazzata (1797) ancora
galleggiante, denominata Old Ironsides (fianchi d’acciaio) perché le
palle di cannone dei nemici rimbalzavano sulle fiancate.
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Ritornati a Quincy Market, abbiamo trascorso
la serata osservando il passeggio e la strana gente che popola
questi luoghi. Rientrati con la metropolitana, abbiamo cenato molto
bene da Anna’s Taqueria, locale messicano (236 Elm St, Sommerville),
spendendo una miseria (16 $ in 3).
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Lunedì 16:
La solita
metropolitana ci ha portato nei pressi dell’Università di Harvard,
per l’esattezza ad Harvard Square. Siamo stati presi d’assalto da
gruppi di studenti disposti a farci visitare la prestigiosa
università ma abbiamo preferito rivolgerci al Harvard Information
ove è stato possibile aggregarci ad una visita guidata gratuita.
Presso l’ufficio è possibile acquistare una mappa descrittiva in
lingua italiana (2 $). |
La visita
guidata è in effetti molto lenta. D’altra parte solo pochi
padiglioni sono visitabili per cui abbiamo preferito lasciare il
gruppo e procedere in modo autonomo. All’università sono annessi
alcuni prestigiosi musei (arte asiatica, islamica, dei nativi
americani, dei fiori di vetro) che abbiamo tralasciato.
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Naturalmente Boston offre tanti altri luoghi di
interesse turistico ma, visto il lungo itinerario in programma,
abbiamo recuperato l’auto e siamo usciti dalla città, diretti verso
nord-ovest. Abbiamo attraversato il NEW HAMPSHIRE seguendo la
HWY 93, fino alla White Mountain National Forest. L’autostrada si
inerpica tre colline ricchissime di vegetazione, attraversando gole
suggestive tra le rocce. Entra poi nel VERMONT, diventando
HWY 91, fino al confine con il Canada, a Rock Island, che abbiamo
raggiunto verso le 18, dopo 357 Km (da Boston). |
Le formalità doganali sono minime. In Canada il
limite di velocità autostradale è di 100 Km orari, ancora peggio che
negli USA, e in questa area la lingua ufficiale è il francese.
L’autostrada, diventata AUT-55, dopo 128 Km. ci ha condotto a
DRUMMONDVILLE. La cittadina è ben poco significativa: larghe
strade a scacchiera con ipermercati, distributori di carburante,
concessionarie d’auto e, verso il centro, ville e casette in legno,
circondate da giardinetti senza recinzione.
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Dopo un’ampia peregrinazione abbiamo trovato una
camera presso il Best Western Hotel (915 Rue Hains, Drummondville).
Abbiamo speso 137 $ per una camera senza prima colazione. L’albergo
è dotato di piscina interna coperta. Un bel colpo per noi che
eravamo un po’ stanchetti, ma purtroppo era stata chiusa da pochi
minuti. Abbiamo cenato in uno dei tanti PIZZA HUT, spendendo 40 $.
Una pizza abbondante ma con sapori improbabili. |
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Martedì 17:
Da
Drummondville a QUEBEC sono 145 Km. La ricerca dell’Hotel è
stata facilitata dal navigatore Silvia e, dopo vari tentativi, la
scelta è caduta sul bed & breakfast “LA MAISON DAULAC” situata in
293 Avenue Daulac G1K, (100 $ a notte) a nord del centro storico.
L’arredamento della villetta sembra uscito da un libro di fiabe:
piccoli mobiletti decorati, cuscini ricamati, grandi fiori di carta
colorata, una macchina da cucire. Abbiamo avuto a disposizione una
camera con bagno in comune con un’altro ospite. Il letto era
allestito in modo talmente ricercato che era un peccato disfalo per
riposare. E’ stato possibile sistemare l’auto nel parcheggio privato
e pranzare a sacco sul terrazzino dietro casa. |
Nel pomeriggio
ci siamo incamminati verso il centro, distante una ventina di
minuti. La città bassa, nei pressi del vecchio porto, si sviluppa
attorno alla Place Royale su cui si affaccia la Basilica
di Notre-Dame de Victoires. La piazza è circondata da antichi
edifici in pietra con negozi e ristoranti caratteristici. Le piccole
vie e i giardinetti sono animati da artisti da strada. L’area è
piccola ma decisamente vivace, dominata dalle mura che delimitano la
città alta, tra le quali svetta il grandioso Château Frontenac,
un imponente castello ora adibito ad albergo. Nella città bassa non
c’è tanto da visitare. Meglio perdersi tra le vie e i negozi in una
atmosfera decisamente europea o gustarsi una birra osservando il
passeggio. Di rilevante la Maison Chevalier, un’antica casa
con l’arredamento d’epoca, ad ingresso libero.
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Una lunga
passeggiata sulle rive del fiume S. Lorenzo, nei pressi del porto
vecchio e poi, verso sera, siamo ritornati sui nostri passi,
sostando al Pub Du Cartier (481 Rue St Joseph) per una cena a
base di carne e nachos, polentine fritte con salsa piccante (58 $
con mancia obbligatoria di 5 $).
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Mercoledì 18:
Indimenticabile
la prima colazione della nostra padrona di casa, con muffins, frutta
fresca e crêpes meravigliose allo sciroppo
d’acero. Certe persone si fanno apprezzare per la grande
passione con cui sanno proporsi. Una specie di Nonna Papera.
Saldato il conto siamo saliti a piedi verso la città alta. E’
interamente circondata
dalle mura e lunghe gradinate permettono di superare il discreto
dislivello. Attraversata Porte St. Jean, ci siamo trovati in
breve alla Cittadella, una vasta struttura fortificata che
domina la città. Purtroppo siamo giunti in ritardo per il cambio
della guardia che si svolge al mattino alle 10:00. Vi è un
cambio della guardia anche alla sera, due volte la settimana, ma occorre
informarsi, visto che cambia in rapporto alla stagione.
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Attraverso una
passerella abbiamo raggiunto la Promenade des Gouverneurs, il
sentiero panoramico che costeggia il fiume S. Lorenzo e che conduce
alla più famosa Terrasse Dufferin che domina la città bassa.
Place d’Armes è il cuore della città alta. Poco distante la
Rue du Trésor, un viuzza caratteristica con gallerie ed
esposizioni di quadri all’aperto. Rilevanti la Cattedrale
anglicana e la Basilica di Notre-Dame de Québec. Nella
stessa piazza l’Hôtel de Ville, il maestoso municipio
dell’ottocento.
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Colpisce
soprattutto la vivacità dell’ambiente e l’atmosfera tranquilla, che
ricorda certi quartieri parigini. Completata la passeggiata, abbiamo
recuperato l’auto e ci siamo diretti verso nord, costeggiando
l’estuario del S. Lorenzo, diretti alla basilica di
Sainte-Anne-de-Beaupré che dista 30 km. Lungo la strada, a una
decina di km da Québec, sulla sinistra, una veduta delle alte
cascate di Montmorency. Il santuario è meta di pellegrinaggi e
risale ai primi del novecento. E’ situato in una vasto parco. Bella
la facciata e sontuoso l’interno. Abbiamo pranzato al solito Mc
Donald’s per poi recuperare l’autostrada n° 20 in direzione
Montreal, distante 280 km. |
MONTREAL
è costruita su alcune isole del fiume S. Lorenzo. L’impatto è quello
di una grande metropoli, con una selva di grattacieli
visibili da molto lontano. Silvia ci ha guidato sugli ultimi svincoli autostradali fino al bel
ponte Jacques-Cartier che attraversando l’Île
Ste-Hélène conduce alla zona vecchia
della città. Abbiamo optato per l’Hôtel Manoir des Alpes (1245, Rue St-André), per la
posizione strategica molto vicina al centro storico (140 $ una discreta camera con prima
colazione e parcheggio). Unico inconveniente una serratura del vano scale un po’
difettosa che ha creato difficoltà a numerosi ospiti e determinato fastidiosi rumori
notturni. |
Verso le 18:30 siamo saliti a piedi
verso il cosiddetto quartiere latino, situato a pochi isolati.
Abbiamo avuto la fortuna di imbatterci nel Festival du Rire (della
risata). L’intero quartiere era stato chiuso al traffico e in ogni
angolo gruppi di teatranti inscenavano allegre rappresentazioni. Poi
bancherelle, personaggi in costume, luci e musica dappertutto ad
alto volume. Una divertente kermesse. Siamo ritornati all’hotel
verso la mezzanotte.
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Giovedì 19: Lasciato l’auto nel parcheggio dell’albergo, con un
supplemento di 5 $, ci siamo diretti verso la Vieux Montreal
(vecchia Montreal), situata nei pressi del porto. La strada sale
leggermente verso il Municipio, che è preceduto da un vasto parco
dal quale si può ammirare il profilo dei grattacieli della downtown.
Inoltrandosi nel quartiere, le strade, ora più strette, costeggiano
edifici storici che mantengono una fisionomia tipicamente europea.
La via più pittoresca è la Rue St-Paul, ove si susseguono
gallerie d’arte e bei negozi di arredamento. Una via in leggera
discesa è chiusa dalla facciata della bella Chapelle Notre-Dame
de Bonsecours, dedicata ai marinai, arredata con piccole
imbarcazioni appese, donate in segno di riconoscenza per la buona
sorte. |
Poche centinaia di metri e si raggiunge il vecchio
porto. Purtroppo il tempo era cambiato e siamo stati costretti a
rifugiarci nei pressi di Pointe-à-Callière, ove sorge un
vasto complesso di edifici che costituiscono il Museo di
Archeologia e di Storia (27 $ in totale). La visita è preceduta
da una interessante audiovisivo che racconta le vicissitudini della
città, dalla fondazione ai giorni nostri. Visitato il museo, si
scende nei vasti sotterranei, ove sono conservati i resti delle mura
e degli edifici che costituivano il primo nucleo abitato della
città. Le gallerie conducono alla Dogana, un edificio situato a poco
distante. Da qui siamo usciti all’aperto ove ci attendeva una
pioggia battente.
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Abbiamo raggiunto con una corsa la Basilique
Notre-Dame, veramente stupenda. Edificata all’inizio dell’’800,
in stile neogotico, ha un interno sontuoso, grazie agli splendidi
arredi, alle vetrate colorate e alle luci naturali e artificiali,
giocate sulle tonalità del blu, in grado di creare una atmosfera
fortemente mistica. |
Usciti dalla chiesa, vista la pioggia, siamo entrati
nel vicino Palazzo dei Congressi, una delle vie di accesso alla
UNDERGROUND CITY, Montreal sotterranea. Mediante scale mobili e
lunghi corridoi, i grattacieli del centro storico sono collegati in
una rete che si estende per una trentina di chilometri. E’ possibile
quindi percorrere lunghi tragitti, tra negozi, supermercati,
ristoranti, fast food senza mai uscire all’aperto. Naturalmente
occorre una mappa perchè è facile perdersi. D’inverno questa
furbissima soluzione permette di evitare le rigide temperature della
città e d’estate di godere dell’aria condizionata. Pare sia il più
vasto pedonale sotterraneo del mondo. Splendido anche dal punto di
vista fotografico, visto che i corridoi, con riflessi su vetro e
acciaio, si prestano ad originali inquadrature. |
Non senza qualche difficoltà, nonostante la mappa,
siamo finalmente sbucati nei pressi della cattedrale
Marie-Rehine-du-Monde, il cui interno vuole imitare lo stile
barocco della Basilica di S. Pietro. Le vie e le piazze sotterranee
sono collegate con alcune stazioni della metropolitana e, mediante
questa, siamo ritornati all’albergo ove abbiamo recuperato l’auto. |
Un breve tragitto ci ha condotto all’Isola
Sainte-Hélène ove sorge la Biosfera, il museo dalla
caratteristica forma sferica. A pochi chilometri dal centro sorge il
villaggio Olimpico, in un vasto parco dominato dalla Tour de
Montréal, lo stadio coperto dalle linee avveniristiche.
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Verso le 17:00 siamo entrati in autostrada, diretti
alla cascate del Niagara, distanti circa 660 km. Alle 19:55 abbiamo
superato la frontiera con gli USA e poco dopo, nei pressi di
Watertown ci siamo sistemati in un Econolodge da 80 $ con 1°
colazione (a 311 km da Montreal). Cena al Taco Bell.
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Venerdì 20: Dopo una discreta colazione, alle 8:30 siamo
ripartiti verso le Cascate del Niagara. Alle 12:45 abbiamo
sostato al Visitor Center (uscita 18 sulla Hwy 90) ove abbiamo
acquistato un tour organizzato in bus per una visita completa, sia
del lato canadese che di quello statunitense, della durata di 8 ore
(dalle 13:30 alle 22:30) comprensivo di ingressi e di cena. In tal
modo abbiamo ottenuto una prenotazione molto economica presso
l’Holiday Motel (67 $ tasse comprese) per la notte. |
Il tour
organizzato “Gray Line of Niagara Falls” si è dimostrato utile ma
certamente non indispensabile soprattutto in ragione del costo
particolarmente elevato (150 $ a testa).
La visita può essere tranquillamente effettuata da
soli arrivando in auto al Visitor Center di Niagara Falls Boulevard,
procurandosi una mappa e attraversando il ponte (Rainbow Bridge) che
conduce in territorio canadese (3 $). Senza grandi difficoltà,
facendo riferimento alla gigantesca torre panoramica, dotata di un
vasto parcheggio a pagamento (circa 10 $), si raggiunge il
principale belvedere, denominato Table Rock.
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Il nostro tour è cominciato in territorio USA, nella
sala cinematografica situata presso il Visitor Center, ove si
assiste ad una rappresentazione cinematografica tridimensionale
(occhiali bicolore) sulle cascate. Ben fatta, ma più adatta a bimbi
della scuola primaria che a turisti tosti come noi. Superato il
ponte, il bus, pilotato da una allegra guida che fungeva anche da
cicerone, ci ha portati lungo il fiume, in un tratto caratterizzato
da forti rapide, a monte delle cascate. Una breve passeggiata, poi
siamo saliti in ascensore in cima alla torre panoramica (Skylon
Tower) da cui si gode una magnifica veduta sulle cascate e sul
territorio circostante.
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Il bus ha poi parcheggiato nei pressi del Queen
Victoria Park, a due passi dal belvedere. Complice una splendida
giornata di sole, abbiamo fotografato le American Falls e le
più spettacolari Horseshoe Falls complete di arcobaleno. |
Siamo poi scesi, mediante ascensore, al porticciolo
dove, forniti di impermeabile blu, ci siamo imbarcati sullo storico
Maid of the Mist, il battello che, tra violenti spruzzi,
porta nugoli di turisti proprio sotto le cascate dal lato canadese.
Molto emozionante anche se, purtroppo, ho bagnato irrimediabilmente
la macchina fotografica compatta. Più tardi abbiamo fatto sosta
nella sala ristorante dell’Hotel Sheraton on the Falls e
abbiamo cenato con un magnifico buffet, ammirando dall’alto le
cascate attraverso le vetrate. L’orario era quello della merenda, ma
siamo riusciti a fingere che fosse ora di cena davanti a tutto quel
ben di dio.
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La visita dal lato canadese è stata completata da una
escursione fino alla funicolare che attraversa il Niagara River, nei
pressi della quale si trova l’Orologio Floreale. Dopo una
breve sosta in un negozio di shopping, il bus ci ha riportati in
territorio statunitense fino alle Cave of the Winds. Ancora
una volta muniti di impermeabili e ciabatte di gomma, mediante
ascensore, siamo scesi fino ai piedi delle American Falls,
illuminate dai riflettori. Le passerelle conducono molto vicino alla
cascata e la doccia è inevitabile. Dall’altra parte del fiume non
potevano mancare i fuochi d’artificio. Una serata decisamente
spettacolare. Rientrati verso le 22:30, siamo andati al Holiday
Motel, proprio di fronte al Visitor Center, una sistemazione di
scarsa qualità a spesa molto contenuta. |
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Sabato 21:
Dopo un mio
breve itinerario mattutino in auto, a scopo fotografico, verso le
10:00 ci siamo diretti verso New York, distante circa 632 Km. La
strada attraversa colline verdeggianti e piccoli centri abitati che
non sembrano destare particolare interesse. Abbiamo seguito in parte
strade secondarie per immetterci poi nella HYW 390, nella 81 che poi
diventa HYW 380 e HYW 80. Un vero caos da ricordare, ma tutto è
stato più semplice grazie a Silvia. Una sosta per una gradita pizza
in un distributore di benzina e poi di nuovo al volante fino a
piombare verso le 18:30 all’Econo Lodge-Meadowlands (395 Washington
Ave Carlstadt - 99 $ con prima colazione), situato in una posizione
decisamente strategica, circa 20 Km prima di New York, nel New
Jersey. Questa sistemazione permette, per chi ha un’auto, di essere
molto vicini a Manhattan, raggiungibile in 30 minuti, senza
utilizzare gli Hotel del centro della città, notoriamente
superaffollati e molto cari. |
L’entrata a MANHATTAN è possibile mediante il
Lincoln Tunnel con pedaggio di 6 $. Ladri ! Anche gli altri ponti,
in entrata, hanno analogo pedaggio. Verso le 19:30 attraversavo il
Ponte di Brooklyn e parcheggiavo nei pressi dell’Empire-Fulton
Ferry State Park, un meraviglioso parco situato subito al di là
del ponte dal quale si gode una meravigliosa vista dello sky-line di
New York, stagliato contro un tramonto rosso fuoco. E’ il parchetto
di Woody Allen, nel film “Manhattan”. Pian piano il ponte e i
grattacieli si sono accesi creando un favoloso contrasto di luci e
ombre. Verso le 21:00 a malincuore abbiamo lasciato la postazione.
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Dal Robert F. Wagner Jr. Park, situato
all’estremità sud-ovest di Manhattan (W Thames St) è possibile
fotografare in lontananza la Statua della Libertà illuminata
dai riflettori. Combinazione, sull’altra riva del fiume Hudson è
iniziato uno splendido spettacolo pirotecnico. Sembrava fatto
apposta per noi. Poco distante, abbiamo raggiunto Ground Zero che di
notte è poco illuminato. Abbiamo piegato verso nord, fino a
Times
Square
che, al contrario, è una esplosione di luci. Attraversare queste
vie, superaffollate di gente e illuminate a giorno da immensi
pannelli pubblicitari, da riflettori, da enormi scritte colorate è
stata una forte emozione. Da Times Square alla 5th St e poi
alla Park Avenue. Verso le 23 siamo ritornati nel New Jersey
e, dopo uno spuntino al Mc Donald’s (non avevamo ancora cenato),
siamo rientrati al motel (per fortuna non si paga il tunnel in
uscita).
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Domenica 22: Avevo adocchiato sulla guida di NYC la possibilità di
assistere ad una funzione religiosa in una chiesa battista nel
quartiere di Harlem. Con l’aiuto del navigatore e approfittando
del modesto traffico della domenica mattina, sono riuscito a
parcheggiare nei pressi della Abyssinian Baptist Church (132
W 138th St), nota per un magnifico coro e un pastore che accoglie
con benevolenza i visitatori. Meglio avere scarpe chiuse per non
essere costretti ad acquistare brutte “ballerine” in vendita sul
marciapiede. |
I turisti hanno formato una lunga coda in attesa
della funzione delle 9:00 (la funzione delle 11:00 pare sia molto
affollata) ed è stato un divertimento vedere le famiglie di neri
agghindate a festa talvolta con abiti fantasiosi nello stile di
Via col vento. Dal loggione, in silenzio, abbiamo assistito alla
cerimonia, che consiste in letture di brani biblici, in un lungo
sermone del pastore che intrattiene i fedeli in modo molto spiritoso
e divertente, stando alle risate che riesce a suscitare, e nella
raccolta delle offerte. La parte rituale è ridotta al minimo.
Magnifici i canti in stile gospel. |
Terminata la cerimonia alle 10:30, abbiamo raggiunto
l’Hotel Pennsylvania (401 Seventh Avenue & 33rd Street –
www.hotelpenn.com), situato di fronte all’ingresso del Madison
Square Garden e della Penn Sation, in posizione notevolmente
strategica. Le camere vengono assegnate verso le ore 15:00, nel
frattempo i bagagli vanno collocati in un deposito al costo di 4 $
per valigia. |
Sono riuscito a raggiungere entro le 12:00 la sede
AVIS presso l’aeroporto JFK (circa 20 km dall’Hotel) con una rapida
corsa, per restituire l’auto evitando un sovrapprezzo dovuto al
ritardo. Sulla I-678, ormai in prossimità dell’aeroporto, uscire a
Federal Circle e seguire le indicazioni Cargo Service e AVIS. Non vi
sono formalità, solo un breve controllo per eventuali danni.
Conviene lasciare pochissimo carburante (il pieno è nel prezzo).
Dalla sede AVIS salire con la scala mobile alla fermata
dell’Airtrain e scendere poco dopo a Howard Beach. Qui si pagano 5
$ per uscire dal circuito dell’Airtrain e 2 $ per il tragitto fino
alla Penn Station mediante la metropolitana. Col senno di poi
avremmo potuto tranquillamente evitare il deposito dei bagagli
all’Hotel risparmiando 12 $ visto che nella metropolitana le valige
non danno fastidio. |
Preso possesso
della stanza, ci siamo concessi un meritato sonno e alle 18 siamo
usciti sulla 33rd strada per entrare immediatamente, guarda caso, da
Macy’s, il famoso e immenso grande magazzino. Questa sosta si è
dimostrata poco opportuna perchè ci ha costretto ad una lunga coda
per la successiva visita dell’Empire State Building. L’ingresso con
salita fino all’86° piano costa 18 $ ma la vista del tramonto dalle
terrazze è impagabile. |
Verso le 22 ci siamo incamminati verso Times Square
(circa 1 km), super affollata e super illuminata e, manco a dirlo,
siamo entrati all’Hard Rock Café per una visita preliminare.
Rientrando, abbiamo fatto uno spuntino nel solito Mc Donald’s. |
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Lunedì 23: La mattina è stata funestata da pioggia battente ed è
stata l’occasione per il primo impatto con la biglietteria della
metropolitana. Una corsa viene 2 $. Con 7 $ si ha un pass
giornaliero illimitato ma attenzione che la macchinetta (talune
hanno le istruzioni in italiano) dà un resto massimo di 6 $ per cui
è meglio avere monete o pezzi da 10. Siamo usciti sulla 5th Ave per
visitare la Chiesa di San Thomas, tanto bella quanto poco
nota. |
La visita al vicino Museum of Modern Art (MoMA
– 11W 53rd St) costa 20 $ agli adulti ma è gratuita per i giovani.
Viene distribuita una mappa all’ingresso e le varie aree, pittura,
architettura, fotografia, arredamento, sono di estremo interesse.
Apre alle 10:30 ed una visita, non certo completa, richiede almeno 4
ore. Abbiamo pranzato pertanto verso le 15:30 al Papaya Dog nella
metro di Penn Station. |
Purtroppo la pioggia persistente ci ha costretto a
limitare le visita agli interni. E’ stata la volta della
Cattedrale di San Patrizio, seguita dalla visita al
Rockfeller Center, alla Tramp Tower (interno in marmo
rosa con negozi, ristoranti e cascata di 17 metri), buttando un
occhio agli splendidi negozi della 5° strada. Il grattacielo Sony
accoglie, al pianterreno un parco con cespugli, piante e panchine,
ed una parete è dominata da un’enorme Spider Man in azione.
All’angolo sud occidentale di Central Park è stata edificata una
nuova area commerciale ultramoderna all’interno di magnifici
grattacieli di vetro e acciaio che si affacciano sulla Piazza
Columbus Circle. Le scale mobili collegano affollati
supermercati e negozi di lusso. Abbiamo fatto spesa e siamo
rientrati in camera per la cena verso le 21:30.
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Martedì 24: Finalmente è ritornato il sole. Il Museo di
Scienze Naturali (American Museum of Natural History -
79th St) si trova sul lato occidentale di Central Park. Apre alle 10
e l’ingresso prevede un’offerta libera. Sono consigliati 15 $ ma noi
ne abbiamo devoluti 10+10+5, da bravi italiani. Molto interessante
la parte geologica, con asteroidi, meteoriti, frammenti di Luna e
poco distante una immensa collezione di giganteschi minerali. Pure
la collezione di dinosauri non scherza, anche se permane il dubbio
che alcuni di questi non siano autentici. Circa 3 ore e ½ per la
visita. |
Approfittando della bella giornata, abbiamo
passeggiato in Central Park fino a “Strowberry Field”,
il giardinetto che ricorda il mitico John Lennon, ucciso a poche
centinaia di metri nel cortile dell’Hotel Dakota (non
visitabile). Più a sud abbiamo esplorato le favolose sale del
ristorante “Tavern on the Green”, punto di arrivo della
maratona di New York.
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Nei pressi del nostro Hotel abbiamo cercato di
noleggiare un auto per gli itinerari previsti dal nostro programma
ma la prenotazione sul posto comporta prezzi molto elevati. Meglio
ricorrere telefonicamente alla agenzia in Italia. E così abbiamo
fatto.
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Il pomeriggio e la serata sono stati dedicati alla
visita dei quartieri di Lower Manhattan, iniziando da Ground Zero
che ora è un vasto cantiere brulicante di operai, circondato da alte
recinzioni sulle quali sono state poste fotografie e testi che
ricordano il tragico avvenimento. Molto commovente. Di qui ci siamo
spostati al Financial District e poi più a est, verso
Chinatown e Little Italy, con ristoranti e pizzerie
tipicamente nostrane. Dopo una cena al Mc Donald’s siamo rientrati.
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Mercoledì 25: Ancora una bella giornata, particolarmente calda. Il
traghetto per la visita alla Statua della Libertà parte da
Battery Park, sulla estremità sud di Manhattan. C’è
costantemente una lunga fila alla biglietteria (11,5 $) e una fila
ancora maggiore per il controllo dei visitatori con metal detector.
La traversata è breve e la statua, osservata da vicino è davvero
molto imponente. Abbiamo passeggiato tranquillamente nei giardinetti
dell’isola visto che la salita fino alla corona non è più
consentita. Bella da qui la veduta della città e del porto di New
York. Il biglietto prevede una sosta anche nella vicina Ellis
Island per la visita all’Immigration Museum che abbiamo invece
evitato. |
Eccoci ora ancora una volta in metropolitana, diretti
al Guggenheim Museum (18 /15 $ l’ingresso), situato sul lato
est di Central Park. Bella la collezione di dipinti moderni, da
Picasso a Kandinski ma molto bella la struttura architettonica a
spirale progettata dall’architetto Wright. Nell’ingresso mi sono
perso a fotografare un grande pannello di vetro molto scenografico. |
Dopo una breve sosta in camera, siamo ritornati a
sud, in Washington Square, a dire il vero un po’ in degrado,
ma ugualmente molto animata. Abbiamo assistito alle esibizioni di
giovani talenti musicali e fotografato le aree di ristoro per i cani
di piccola e di grande taglia. |
Inevitabile la passeggiata per Greenwich Village,
con le tipiche case inizi novecento. Per curiosità siamo approdati
in Gay Street, e nella Sheridan Square, dove, in un giardinetto
triangolare, sono state collocate alcune statue bianche a grandezza
naturale dedicate agli omosessuali. Nei dintorni, numerosi bar per
chi cerca incontri “diversi”. |
Abbiamo cenato in Times Square, all’Hard Rock Café
che, nonostante il prestigio, mantiene prezzi più che
accettabili (72 $ in 3, con filetto e mega hamburger). Ottima
qualità, bello l’ambiente (ho cenato di fianco alla chitarra di Bob
Dylan). Lunga la fila per avere i posti a sedere, assegnati mediante
un pannello colorato. Siamo rientrati a piedi tra le magnifiche
insegne luminose del quartiere.
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Giovedì 26: Preparati i
bagagli, con la metropolitana ho raggiunto la stazione di Howard
Beach e da qui, mediante l’airtrain, la sede dell’autonoleggio AVIS,
ove mi attendeva il veicolo prenotato. Anche in questo caso
pochissime formalità: negli USA basta avere una carta di credito ben
fornita. Con la Ford Focus assegnata e il navigatore mi sono immesso
nelle lunge file in uscita dal JFK e sono riuscito ad arrivare al
Pennsylvania Hotel in 1 ora e ½. Il tunnel di ingresso alla città
costa 4,5 $ (si paga sia in ingresso che in uscita). |
Abbiamo così
iniziato la seconda parte della nostra peregrinazione sulla costa
Est, diretti verso la CONTEA DI LANCASTER, notoriamente
abitata dalla popolazioni Amish. La prima località che abbiamo
visitato (234 km da NYC) è stato il monastero di EPHRATA (Ephrata
Cloister). Fu fondato da un tale Conrad Beissel, di origine
tedesca, che aveva creato nella prima metà del ‘700 una comunità
religiosa dedicata alla preghiera, al lavoro e alla carità. L’area è
ora strutturata come museo all’aperto (ingresso 7/5 $). Si possono
visitare le varie casette di legno, in parte restaurate e talora con
l’arredamento d’epoca, in un bosco situato nella periferia della
cittadina. E’ una visita interessante che richiede un paio d’ore.
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Servendoci di
una mappa procurata in un visitor center, abbiamo poi gironzolato
tra le colline ad est di Lancaster, percorrendo piccole strade
asfaltate sulle quali si affacciano le fattorie Amish. E’ facile, in
questo modo, incontrare le tipiche carrozze nere, trainate dal
cavallo, che trasportano intere famiglie nel tipico abbigliamento,
oppure incrociare ragazzi in monopattino o seguire il lavoro nei
campi fatto ancora con strumenti manuali.
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I villaggi più
noti sono Bird-in-Hand, Intercorse, Paradise, New Holland,
Strasburg. In queste piccole località il turismo ha però deteriorato
l’aspetto autentico di questa popolazione, creando agenzie per tours
guidati, negozi di souvenir, ritrovi ecc. Meglio quindi un percorso
tra le fattorie e lungo strade suggestive come Scenic Rd o Hollander
Rd.
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Ormai al
tramonto, ci siamo sistemati nell’Econolodge “Lancaster” (80 $ con
colazione) e dopo poco siamo andati alla ricerca di un ristorante
per la cena. Lancaster si presenta come una bella cittadina con
viali larghi e belle casette di legno. Abbiamo cenato al Friendly’s,
con filetto e gamberetti (41 $ in tre).
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Venerdì 27: La piazza
centrale di LANCASTER è Penn Square con il monumento
al soldato e al marinaio. E’ circondata da begli edifici del 1700 e
tra questi di grande interesse è il Central Market che il
martedì e il venerdì ospita un mercato molto caratteristico, in
parte gestito da famiglie Amish che vendono così i loro prodotti. Mi
sono naturalmente perso nel negozio a caccia di foto con
appostamenti, perché, si sa, gli Amish non amano essere fotografati
mentre a me piace farlo. Molto antica (si fa per dire) anche la
Trinità Lutheran Church, poco distante dalla piazza. Uscendo
dalla città, in direzione est, si incontra la facciata del carcere
di Lancaster il cui ingresso riproduce i bastioni di una fortezza
medioevale. Molto chic. |
Lasciata
Lancaster verso le 11:30, ci siamo diretti verso WASHINGTON,
distante 180 km (due ore e 30 per il traffico intenso). E’ una città
decisamente scenografica, nata per essere la capitale. Un lungo
parco, il National Mall congiunge idealmente il Campidoglio
con l’obelisco alto 170 metri che ricorda Giorgio Washington (Washington
Monument). Sul Mall si affacciano i musei più importanti della
città, tra i più famosi degli Stati Uniti. Sono riuscito a
parcheggiare sulla Smithsonian (parcheggio libero), proprio di
fronte al Museo dell’Aria e dello Spazio (National Air & Space
Museum).
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Dopo un pranzo
a sacco nel giardinetto, abbiamo iniziato la visita (ingresso
libero, alcune attrazioni a pagamento) che richiede almeno 3 ore
(chiude alle 17:30). Sono esposti velivoli e navicelle spaziali che
hanno segnato la storia della conquista dello spazio. Tra queste
anche il modulo dell’Apollo 11 del primo equipaggio che sbarcò sulla
Luna.
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Abbiamo
volutamente evitato altri musei (Arte Africana, Arte Indiana, Storia
Americana, sicuramente molto interessanti). Una fine pioggerellina
ci ha riportato in auto. La viabilità è molto semplice: viali molto
larghi, poco traffico e facili parcheggi anche intorno al
Campidoglio. Dopo una perlustrazione automobilistica del centro,
Silvia ci ha aiutato a identificare un Motel, il Days Inn-Arlington,
2201 Arlington Blvd, situato sulle colline alle spalle del Cimitero
di Arlington (79 $ senza la prima colazione), comodo e dignitoso. Le guide
propongono anche una visita della città mediante il Tourmobil
Sightseeing che
percorre tutti i luoghi, e dal quale si può scendere ad ogni
fermata. Costa 25 $ per persona
ma se si dispone di un’auto è perfettamente inutile. |
Verso sera
siamo nuovamente usciti e la prima tappa è stata il Lincoln
Memorial, colto alla luce di uno splendido tramonto.
Parcheggiare in questa zona richiede un po’ di pazienza. Simile ad
un gigantesco tempio greco, è occupato dalla grandiosa statua di
Abramo Lincoln. Dalle gradinate una bellissima veduta dell’obelisco
che si specchia sulla Reflecting Pool. |
Un pedonale
conduce al Vietnam Vertans War Memorial, un lungo muro di
marmo nero sul quale sono incisi i nomi dei caduti (oltre 58 mila).
Poco distante, nel parco, il Memorial della guerra di Corea, una
pattuglia di soldati raffigurati in una azione bellica. Quest’area,
e il vicino Memorial della 2° Guerra Mondiale, sono i luoghi più
visitati della capitale. |
A sud del Mall
si trova il Tidal Basin, un lago artificiale sulle cui rive
si specchia il Jefferson Memorial con colonnato e cupola
tonda. Parcheggiare è un po’ complicato (ci siamo alternati in un
divieto di sosta). Da lontano l’insieme è molto scenografico mentre
l’interno è inferiore alle aspettative.
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Lasciata l’auto
sulla 15th St NW, a piedi, ho raggiunto i cancelli esterni della
Casa Bianca (White House) per qualche foto notturna. Bisogna
accontentarsi di riprese da lontano, visto che la visita agli
appartamenti è limitata ad un numero molto ristretto di turisti con
prenotazioni di molti mesi. Per informazioni ci si può rivolgere al
Visitor Center of White House-1450 Pennsylvania Avenue che comunque
chiude alle 17.
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Ormai tardi (le
23:00) abbiamo cercato un ristorante nei pressi dell’albergo. La
scelta è caduta su Vocelli Pizza (enormi pizze da asporto a modico
prezzo - 28,85 $) che abbiamo consumato in camera. |
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Sabato 28: Abbiamo trovato
un parcheggio libero nei pressi del Mall che abbiamo percorso a
piedi raggiungendo così il Campidoglio (Capitol Hill) e la
Corte suprema (Supreme Court Building). La visita al Campidoglio
è gratuita ma obbligatoriamente guidata. Occorrono comunque lunghe
file per ottenere il biglietto d’accesso per cui abbiamo evitato.
Alle spalle del Campidoglio si può accedere alla Library of
Congress (la biblioteca più grande del mondo. La visita anche in
questo caso è gratuita. Le sale sono magnificamente affrescate e tra
i testi più prestigiosi è conservata la Bibbia di Guthemberg. |
All’estremità
occidentale del Mall, sulla 14th St SW, una tappa d’obbligo è
rappresentata dal Museo dell’Olocausto (United States Holocaust
Memorial Museum). L’ingresso è gratuito. Consiglio di recarsi
immediatamente all’ufficio informazioni (information desk) che si
trova al centro dell’atrio, per procurarsi un pass di accesso alle
mostre permanenti (Permanent Exibition) che accolgono un numero
limitato di persone. Sul pass è segnato l’orario di ingresso. Fino a
quel momento ci si può dedicare alla visita delle altre mostre,
prima fra tutte la Daniel’s Story, la ricostruzione delle
sofferenza di un bimbo tedesco dalle prime persecuzioni fino al
campo di concentramento. Molto commovente. Altre mostre molto
toccanti si trovano nel piano sotterraneo e al secondo piano.
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In auto abbiamo
raggiunto il Cimitero di Arlington (Arlington National Cemetery)
con ingresso gratuito. Vengono proposte visite guidate con trenini
elettrici ma, visto il gran caldo, ci siamo limitati a percorrere a
piedi i viali che conducono alle tombe di John e di Robert Kennedy.
Le croci bianche allineate sulle colline ondulate del cimitero
creano un effetto molto suggestivo.
|
Abbiamo
lasciato Washington verso le 16 in direzione Atlantic City, che
dista 318 Km, ma ben presto siamo usciti dalla Hwy per l’intenso
traffico e le lunghe code. Con l’aiuto di Silvia abbiamo utilizzato
strade nazionali (US 40) e, grazie a questa deviazione, ci siamo
imbattuti in un rodeo nei pressi di una località denominata Cow
Town. Inevitabile il rapido cambiamento di programma. Pagato un
ingresso di 12 $, ci siamo persi tra le bancarelle di cappelli
texani, stivali e hot dog. Da una parte il recinto con tori, vitelli
e cavalli e dall’altra un vasto prato delimitato da una rete e
circondato dalle gradinate del pubblico. Trovata una buona posizione
per le foto, alle 19:30 il presentatore ha cantato al microfono
l’inno nazionale, con il pubblico silenzioso, in piedi, la mano sul
cuore. |
Dopo la sfilata
delle ragazze a cavallo in costume e con una gigantesca bandiera
americana, è iniziata la vera e propria competizione tra cow boy
provenienti anche da altri stati. Hanno cavalcato tori, cavalli ed è
seguita la cattura dei vitelli con il lazo. Ho fatto una marea di
scatti. Decisamente molto divertente. Siamo ripartiti verso le
22:00 per non arrivare alla nostra meta troppo tardi. |
ATLANTIC
CITY si trova su un isola lunga e stretta, affacciata
all’Atlantico. E’ la mecca del gioco d’azzardo, una Las Vegas della
costa orientale ma è molto meno appariscente. Sulle due principali
vie centrali, Pacific Ave e Atlantic Ave si affacciano
i grandi alberghi con i famosi casinò, Ceasars Atlantic City, Trump
Plaza, Taj Mahal Casino Resort, giganteschi, ma privi delle
connotazioni architettoniche e delle favolose illuminazioni tipiche
di Las Vegas. Deludente. Impossibile trovare una stanza a prezzi
abbordabili (i prezzi trovati in internet non sono per nulla
attendibili) e impossibile parcheggiare. A mezzanotte tutta la città
era immersa in una nebbiolina con valori di umidità talmente elevati
da far appannare i vetri dell’auto. Siamo letteralmente fuggiti,
ritornando nell’entroterra alla ricerca di un motel. Verso l’una
siamo incappati nel Budget Inn, in località Absecon. Il gestore
indiano ci ha sparato 143,75 $ per una vera topaia, la stanza più
brutta di tutto il viaggio ma, per disperazione vista l’ora, abbiamo
dovuto accettare.
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Domenica 29:
Volevo esplorare la costa atlantica a nord di
Atlantic City per cui ho evitato l’autostrada optando per la US 9,
una specie di litoranea. Incuriosito dal nome, mi sono diretto verso
SURF CITY, cittadina situata sulla Long Beach Island (90 km
da Atlantic City). Niente male come scelta. Il ponte che conduce
all’isola è preceduto da una vasta area di canali creati
artificialmente sulla Manahawkin Bay e disposti come una fitta
ragnatela. Il luogo è denominato Little Egg Harbor. Sui canali si
affacciano villette di legno, ciascuna dotata di un porticciolo ove
il proprietario ormeggia la sua imbarcazione. Insolito e
caratteristico. |
Surf City è in
pratica una lunga strada parallela al mare con villette e negozi di
materiale sportivo o per la pesca. Abbiamo parcheggiato senza
difficoltà e, superate alte dune erbose, siamo scesi nell’ampia e
lineare spiaggia. Altre belle ville sono costruite in parte sulle
dune e si affacciano direttamente sul mare. Siamo ripartiti dopo
poco per l’intensa afa e in breve il tempo è cambiato. Un fortissimo
temporale ci ha costretto ad una sosta nel Bayville Diner (456,
Route 9 – Bayville) per il pranzo. E’ il tipico bar americano,
quello dei telefilm per intenderci. All’interno di un vasto
container, tavoli in legno, il bancone, i poster alle pareti, il
juke box, le facce tipiche americane e le famigliole con i bambini
grassi. Con 27,25 $ abbiamo mangiato enormi e succulenti burger.
|
Abbiamo ripreso l’autostrada, peraltro molto
trafficata, diretti verso NYC, oramai a soli 130 km. Ci siamo
sistemati nel solito Econo Lodge-Meadowlands (395 Washington Ave
Carlstadt) spendendo i soliti 99 $ con prima colazione. Devo
ammettere che non è stato facile ritrovarlo, nonostante il
navigatore. Causa lavori in corso, siamo stati deviati addirittura
all’interno del parcheggio di uno stadio.
|
Questa zona del New Jersey, così vicina a NYC, è un
immenso quartiere di ville, bassi palazzi, supermercati,
distributori di benzina. E’ facile perdersi. Sono varie cittadine
che crescendo si sono fuse assieme. Siamo riusciti a reclutare
dollari mediante un bancomat e abbiamo cenato al Barcellona
Restaurant (30 $), altro locale tipico, tappezzato di bandiere
americane e di scritte di solidarietà ai militari in Irak.
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Lunedì 30: Abbiamo lasciato il motel molto presto, verso le 7:00
nel timore del traffico e, attraversato il solito Lincoln Tunnel ho
parcheggiato davanti al Pennsylvania Hotel ove ho scaricato le
valigie e la famiglia. Sono subito ripartito verso la sede AVIS del
Kennedy Airport, raggiunta in effetti senza particolari problemi di
traffico. Anche questa volta la restituzione dell’auto è avvenuta
senza difficoltà. Mediante l’airtrain (5 $ fino a Howard Beach) e la
linea A della Subway (2 $) sono ritornato alla Penn Station. Il
percorso richiede oltre 1 ora. |
Ho trascorso il resto della mattinata nella hall del
Pennsylvania, mentre Mari ed Elena erano in giro a fare shopping.
Preso possesso della camera verso le 14:00, dopo un breve riposo,
siamo usciti. Il Madison Square Garden è proprio di fronte
all’albergo. Nel vasto atrio, foto sui muri e iscrizioni sul
pavimento ricordano le figure illustri (atleti, cantanti, ballerini)
ospitati nel famoso teatro.
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Venti minuti a piedi per arrivare al palazzo delle
Nazioni Unite, sulla First Ave, all’altezza della 44th St. Le foto
di rito. Lungo la 42th, meritano una sosta il grattacielo Chrysler e
il vicino grattacielo Ford che al piano terra accoglie una
bellissima serra. A breve distanza si trova il Grand Central
Terminal, la vecchia stazione, ora restaurata, con vaste sale in
stile liberty, ristoranti e negozi lussuosi. |
Abbiamo cenato in un locale tipico l’Ellen’s Stardust
Diner (1650, Brodway). La cucina è ottima (48,45 $) e su una pedana
si esibiscono i camerieri che sono anche bravissimi cantanti. Una
serata molto piacevole tra le luci di Time Square.
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Martedì 31: Lasciati i bagagli nel deposito dell’hotel, abbiamo
dedicato l’intera mattinata alla visita al Metropolitan Museum che
ha l’ingresso libero, con offerta facoltativa. Abbiamo contribuito
con 5 $ a testa. Abbiamo iniziato dalla sezione egiziana, per
passare poi all’ala americana, con ricostruzioni di arredamenti
lussuosi. Nelle sale dedicate alla pittura europea abbiamo
cominciato a perderci e a spazientirci. Molti quadri sono
introvabili e le sale sono prive di chiari riferimenti. L’opuscolo
con mappa che viene consegnato all’ingresso è alquanto confuso.
Vergogna! Molto interessanti le sale dedicate all’arte islamica e
dell’estremo oriente e quelle relativa all’arte africana, dove
abbiamo ritrovato, nella zona relativa al popolo Dogon, la maschera
e la porta del granaio identiche a quelle che abbiamo portato a casa
dal nostro viaggio in Mali. |
Recuperate le valige nel deposito (4 $ x 2), abbiamo
preso la linea A della subway diretti ad Howard Beach. Attenzione
che non tutti i treni fermano lì. Solo grazie al suggerimento di
altri viaggiatori, siamo scesi poco prima per cambiare. Mediante l’airtrain
siamo finalmente pervenuti al Terminal della compagnia Eurofly, per
scoprire che l’aereo era in ritardo di 3 ore.
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Mercoledì 1 agosto: Atterrati a Bologna alle 13:00, siamo rientrati in
treno a Mirandola, dopo 22 giorni, con un totale di 4660 km percorsi
in auto (3390 + 1270), molti altri percorsi a piedi e con un cuore
grande così.
N.B. quello di Elena è rimasto a Time Square. |
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