Nella penombra della
sala, durante la proiezione di audiovisivi, più di una volta mi è
capitato di cogliere tra il pubblico palpebre abbassate ai limiti della
capacità di visione, teste, di percepire cenni di respirazione
lievemente stertorosa e di timbro gutturale seguiti da movimenti
repentini del gomito del coniuge diretti al fianco dell’ignaro e beato
spettatore.
Parimenti, più di
una volta, in occasione di giornate didattiche, mi è stata posta la
fatidica domanda “ma quanto deve durare un audiovisivo?”. La
risposta più semplice potrebbe essere un riferimento a quanto scritto
poco sopra, cioè “l’AV non deve addormentare”, oppure
liquidare il problema facendo riferimento ai fatidici 7 minuti.
Credo invece che il tema dell’attenzione meriti un’analisi più “attenta”
e articolata. Esporrò in primis alcune considerazioni generali sui
meccanismi dell'attenzione, successivamente cercherò di applicare queste
osservazioni al mondo dell'AV suggerendo possibili soluzioni in grado di
rendere la nostra opera più digeribile.
L’attenzione
sostenuta, questo è l’argomento della conversazione, entra in gioco
in tutti i processi quotidiani che implicano l’apprendimento, la
supervisione, il controllo, la vigilanza. Sono occupazioni che obbligano
a mantenere l’attenzione nel tempo, evitando distrazioni. Ne
sanno qualcosa gli studenti, che devono mantenere uno sforzo costante
per seguire la lezione.
Sull'attenzione sostenuta influisce
il cosiddetto ritmo circadiano, quindi le ore di sonno-veglia,
nonché la temperatura e i ritmi biologici. I momenti della giornata dove
il livello di attenzione è più elevato sono la tarda mattinata e il
pomeriggio inoltrato, mentre dopo il pranzo e la cena il livello si
abbassa.
Gli studi e l’esperienza confermano che il livello di attenzione
diminuisce con il passare dei minuti. In effetti l’attenzione è come
un muscolo: si affatica durante l’esercizio e richiede un certo tempo
per recuperare. Oltre a questo, quando l’attenzione si protrae per un
periodo eccessivamente lungo, vi è un progressivo peggioramento nella
qualità delle prestazioni cognitive.
Una prolungata
attenzione sostenuta aumenta la possibilità di cedere alle
distrazioni. Alla fatica richiesta dall’occupazione in sé, si
aggiunge quella della lotta contro tutto ciò che può distrarci. Le
distrazioni, negli ultimi decenni, sono aumentate in senso esponenziale:
una serie infinita di stimoli visivi e comunicativi sfiancano la nostra
capacità di attenzione. A questi si aggiungono le distrazioni
interiori, improvvisi “memo” su tematiche non attinenti al contesto:
dove ho lasciato le chiavi? devo andare dal barbiere, ecc.
Alcuni autori (1)
sostengono che la capacità di attenzione stia diminuendo man mano che
aumenta l'uso della tecnologia moderna, in particolare della
televisione. La navigazione in Internet può avere un effetto simile
perché consente agli utenti di spostarsi facilmente da una pagina
all'altra. La maggior parte degli utenti di Internet trascorre in media
un minuto sullo stesso sito web.
Numerosi studi (2) hanno cercato di
definire, attraverso tecniche di neuroimaging, i meccanismi
neurobiologici che stanno alla base della sindrome attention-deficit/hyperactivity
disorder (ADHD), un modello patologico attinente al tema
dell’attenzione, riscontrando disfunzioni morfologiche e funzionali che
coinvolgono la corteccia pre-frontale e alcuni nuclei della base
(pallido, caudato). Risulta evidente la complessità dei meccanismi
utilizzati dal cervello per raccogliere gli stimoli, riconoscerli,
elaborarli e memorizzarli.
Queste considerazioni mettono in
evidenza le difficoltà che ha il nostro cervello a mantenere
l'attenzione. Figuriamoci quello che succede durante la visione di
Audiovisivi, per lo più proiettati dopo cena, rigorosamente al buio, in
ambienti ovattati, con un accompagnamento musicale a volte fortemente
soporifero.
Il grafico descrive l’andamento
standard dell’intensità di attenzione e, come si può notare, dopo
un iniziale rapidissimo incremento, definito “arousal” (risveglio
ma anche eccitazione), il picco massimo si raggiunge in effetti dopo 7
minuti. Sembrerebbe evidente che, se realizzassimo un AV di durata
inferiore ai 7 minuti, sfrutteremmo in modo completo la capacità di
attenzione del pubblico, per cui il successo sarebbe assicurato.
In realtà questi 7 minuti rappresentano una media e pertanto sono un
dato variabile. Il pubblico è fortemente eterogeneo sia per quanto
riguarda le condizioni psicofisiche che per la capacità di reazione alle
condizioni ambientali e ai fattori di distrazione di cui abbiamo
parlato. Per alcuni la curva di attenzione decresce dopo 2-3 minuti,
altri sono in grado di mantenere il livello oltre i 10-15 minuti. Credo
che il nostro obiettivo sia di coinvolgere tutti gli spettatori
per tutta la durata della nostra opera.
A complicare le cose vi è il contesto di proiezione, un tema che
ho già analizzato in un mio articolo, intitolato per l’appunto “Il
Contesto”, pubblicato sul notiziario DiAF n° 69
[...].
Un audiovisivo riguardante un viaggio, con caratteristiche didattiche e
descrittive, nell’ambito di una rassegna pubblica, deve approfondire
l’argomento per accontentare un pubblico desideroso di informazioni. Un
tempo inferiore ai 10 minuti potrebbe essere insufficiente. Al
contrario, un AV che affronta un tema sociale e che lancia un messaggio
ben definito potrebbe esaurire la sua efficacia dopo 3-4 minuti. Altro
contesto è quello dei concorsi che spesso hanno limiti di durata nel
regolamento e nei quali la breve durata può rendere più disponibile la
giuria.
John Medina, biologo molecolare
dell’Università di Washington, ne “Il cervello, istruzioni per l’uso”
(3) sostiene che il cervello elabora meglio gli stimoli carichi di
contenuto emotivo. Li conserva più a lungo nella memoria e li richiama
con maggior precisione rispetto ai ricordi neutri perché “attiva
l’amigdala che, rilasciando dopamina, segnala quegli stimoli come
importanti”.
Nasce il suggerimento di creare,
nella nostra opera maniglie di accesso di forte contenuto emotivo
in grado di rinnovare l’attenzione modificando drasticamente l’andamento
della curva. Il grafico illustra una possibile curva di attenzione
ideale che si potrà ottenere dotando l’audiovisivo di alcuni picchi
di attenzione, concludendo poi con un finale di forte intensità.
Per fortuna gli strumenti a nostra
disposizione per modificare la curva sono numerosi. Nel mondo
commerciale è noto che la memoria del parlato rappresenta il 10% mentre
associando alle parole un disegno, una fotografia, una brochure
l’attenzione passa al 65%. Questo dato fa capire che gli strumenti di
cui dispone un autore di AV, costituiti da immagini e suoni, sono molto
potenti.
Un fattore determinante è
rappresentato dall’interesse per l’argomento. Un forte interesse sarà in
grado di accelerare la fase di risveglio per raggiungere
rapidamente il picco di massima attenzione.
In questo senso svolgono un ruolo
importante il titolo dell’audiovisivo che deve essere scelto per
suscitare curiosità, un eventuale brevissimo testo esplicativo (spesso
non necessario) e una prima sequenza di immagini “forti” e attinenti,
sostenute da un testo musicale intenso e adeguato.
Il cervello elabora in maniera
sequenziale e proprio per questo motivo ha un’estrema importanza la
sequenza delle immagini e/o la successione degli argomenti
trattati che deve essere studiata inserendo elementi fotografici e
musicali in grado di suscitare sorpresa ed emozionalità, uno stimolante
naturale che riattiva l’interesse. Saranno queste variazioni di
intensità fotografica e musicale le maniglie capaci di suscitare
picchi di attenzione. Al contrario la banalità o peggio la ripetitività
delle immagini, associate ad un sonoro piatto e inadeguato conducono
alla noia e hanno un effetto soporifero.
La curva mette in evidenza
l’importanza del finale per il quale occorre studiare un
accostamento di immagini e di suoni in grado di creare un picco di forte
impatto emotivo che potrà lasciare nello spettatore il ricordo
dell’opera. Ammesso che lo spettatore sia ancora sveglio!
NB.: la foto di apertura, nella quale
è possibile riconoscere alcuni titolati autori, è stata ottenuta con
immagini scattate durate il 1° Workshop sull’Audiovisivo Fotografico
organizzato al GAD di Reggio Emilia nel ormai lontano 2006. Chi vuole
rivedersi o rivedere dei vecchi amici, divertendosi un po’, potrà
utilizzare questo link:
https://youtu.be/-fi1G1iyLpk
per vedere l'Audiovisivo
“Diario impertinente di una giornata fotografica”.
(1) Neil Postman: Amusing Ourselves to Death
(2) G. LEVI, M. ROMANI, M. ROELLO: Gior. Neuropsich. Età Evol.
2007;27:110-121
(3) John Medina, biologo molecolare dell’Università di Washington e
autore di “Il cervello: istruzioni per l’uso”
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