Ai famosi tre piedi dello
sgabello che compone l’audiovisivo (Immagini, Musica, Regia) penso che
se ne dovrebbe aggiungere uno nuovo, il COLORE. Molti autori di età
attempata sono ancora fortemente legati al condizionamento che la
diapositiva imponeva in epoca pre-digitale: l’immagine scattata doveva
assolutamente riprodurre la realtà conservando la massima fedeltà dei
colori. In caso contrario la diapositiva veniva immancabilmente
cestinata e si cercava un nuovo laboratorio di sviluppo per il
successivo rullino.
Questo mito della fedeltà dei
colori si è sgretolato pian piano con l’avvento del digitale e con il
perfezionamento dei programmi di post produzione. Il laboratorio di
sviluppo ora è nel proprio computer e consente di ottenere soluzioni
cromatiche estremamente varie. I software di post produzione si sono
attrezzati in questa direzione e da tempo anche le App dei cellulari
hanno dotazioni sofisticate di grading color.
Già da anni alcuni autori di
Audiovisivi hanno intuito che il colore può essere un potente mezzo di
comunicazione, in grado di trasmettere emozioni al pari della musica,
per cui sono apparsi qua e là opere caratterizzate da evidenti viraggi
cromatici. Ho preso contatto con alcuni di loro chiedendo di raccontare
le loro riflessioni, le difficoltà, le motivazioni che hanno portato a
queste scelte. Ed ecco come gli autori raccontano il colore.
Umberto Sommaruga -
LA PROMESA (2012) -https://youtu.be/rJ0fTjealek
“Prediligo
il BN, ma so che il colore è davvero potente, se usato bene. In origine
la scelta cromatica è stata fatta per superare un impasse tecnico
rappresentato da scatti notturni, diurni, con luce al tungsteno o luci
fluorescenti. Impossibile correggere le dominanti incrociate in ripresa
e molto complicato farlo in postproduzione. Sarebbe stato più semplice
tornare al mio “vecchio” B/N, ma nel mio intendimento le immagini
dovevano emozionare più che proporre un reportage e il colore mi era
necessario.
A quei tempi (prima
versione del 2012) conoscevo superficialmente Photoshop e mi affidai ai
predefiniti di Lightroom. Per tentativi trovai il risultato che cercavo,
che da qualche parte era residente nella mia mente. Fu l’inizio di uno
studio del colore e del
color grading che
mi ha portato a posteriori a comprendere meglio il valore di una scelta
che fu, in primis, istintiva.
I colori desaturati
accentuano la chiarezza dei contorni e la drammaticità dell’evento.
Prevalgono i toni caldi (bruno e arancio) che, oltre a riproporre
l’atmosfera immaginaria cubana, creano empatia e interesse. Punte di
verde/blu fanno da contrappunto creando sorpresa e accentuando la
drammaticità quando necessario. Nelle due versioni successive, più
conscio del valore del
color grading, ho
lievemente accentuato un passaggio ai toni caldi nella parte centrale
dell’audiovisivo, ritmata dal respiro e ricca di azione, lasciando
all’introduzione, più statica, desaturazione e qualche tono freddo. La
chiusura vira ai toni del blu/verde, a suggerire una sospensione
drammatica. Tutto finisce col treno che si allontana, ma la Promesa
ci sarà anche l’anno seguente”. Umberto
Diana Belsagrio -
GLI AMANTI, LA LUNA, IL BAGATTO (2019)
https://youtu.be/Jhcy_Qlb0i0
“La
storia raccontata in “Gli
Amanti – La Luna – Il Bagatto”
ha diverse chiavi di lettura: narrativa, simbolica/esoterica,
psicologica ed emotiva. Quest’ultima dimensione viene sviluppata
attraverso un preciso uso dei colori, che sono stati scelti per
raccontare il cambiamento degli stati d’animo della protagonista.
L’emotività non è
una condizione oggettiva perciò è più efficace stimolare
l’immedesimazione dello spettatore trascendendo la logica e puntando,
piuttosto, sull’aspetto istintivo, che ha un immediato riscontro in chi
osserva.
Nell’audiovisivo, le fasi della storia sono
suddivise in capitoli definiti da uno specifico viraggio. Le emozioni
sono comunemente collegate a una determinata tinta cromatica ed è dunque
facile comprenderle se riusciamo a visualizzarle: il giallo richiama la
felicità, il bianco il pessimismo e il freddo sentimentale. Il blu è la
paura, l’ansia, l’incertezza davanti all’ignoto; il rosso è la tinta
della rabbia e ben si presta a rendere riconoscibile il desiderio di
vendetta e di ribellione.
In
questo modo è possibile percepire cosa prova la protagonista in quel
determinato momento e anche prevedere la sua evoluzione tramite alcuni
indizi: l’ultimo fotogramma di ogni sezione vira, per esempio, nel
colore del capitolo successivo e alcuni elementi di colore inatteso (la
luna rossa dentro la sequenza bianca, oppure – nella fase rossa - la
fotografia che diventa in parte bianca e in parte gialla) forniscono una
chiave di lettura su quello che accadrà.
Tali scelte non sono un espediente estetico, ma
sono appositamente studiate per rinforzare il messaggio trasmesso e per
favorirne l’interiorizzazione da parte del pubblico, accompagnandolo nel
racconto”. Diana.
Gianni Rossi
LA RAGAZZA DEL NEW
JERSEY (2014)
https://youtu.be/Y2f_0r-_gi0
“Jersey Girl, di Tom Waits, del 1980 è la
storia semplice di una ragazzo dei bassifondi di NYC che decide di
lasciare gli amici balordi perché si è innamorato di una ragazza nel New
Jersey con cui va in spiaggia, sulle giostre e che forse un giorno
sposerà. Due realtà a confronto: i bassifondi di una città e un sogno
d’amore.
La canzone che fa da colonna sonora è molto
coinvolgente come melodia e timbro vocale. Ho inserito brevi spot di
testo in modo discreto, per facilitarne la comprensione.
L’idea di fondo è che la ragazza del New Jersey
in realtà non esiste ma è una metafora del nostro quotidiano, la nostra
speranza di una vita diversa, appassionata, di cui innamorarsi:
Ognuno di noi, in fondo al cuore, vorrebbe staccare la spina,
attraversare il ponte e raggiungere la sua ragazza del New Jersey.
Mi
è risultato inevitabile sottolineare i due temi contrapposti con precise
scelte di colore. Un B/N fortemente contrastato rappresenta le strade, i
pub fumosi, le sale gioco, animate da personaggi improbabili. Ed ecco
che, dagli sguardi inquietanti, la musica, inizialmente cupa, si apre,
in uno splendido crescendo, sui tenui colori della spiaggia, volutamente
evanescenti, dove gli innamorati si tengono per mano e dove vivono il
loro sogno ma forse anche il sogno di tutti noi.
Assecondando il testo semplice ma soprattutto la melodia, tornano le
bettole e le prostitute dell’8° strada ma, ancora una volta, il B/N
sfuma lentamente nel colore del ponte che conduce dalla cupa realtà ai
fuochi d’artificio del luna park, dove le tonalità flou delle gonne
svolazzanti ci parlano di amore e ci fanno dimenticare per qualche
momento i nostri affanni”.
Gianni
Paolo Cambi -
PER SEMPRE BAMBINI (2015) -
https://youtu.be/GvLQhEF7ZtM
“Nel
realizzare “Per sempre bambini” volevo portare lo spettatore indietro
nel tempo, fargli rivivere piccoli frammenti di vita quotidiana, fargli
sentire i canti e percepire i pensieri dei bambini in un tranquillo
villaggio francese nel giugno del 1944. Da lì a poco sarebbe arrivata la
tragica violenza della guerra: io non volevo rappresentarla con le
rovine dei giorni nostri, volevo ricollocarla vicina a quei pensieri e a
quel canto… volevo riavvicinare, indietro nel tempo, il prima e il dopo
la rappresaglia. Ho allora “invecchiato” le immagini con l’uso di grana
e di viraggi di colore, come se la lente temporale attraverso il quale
si guarda, pur sporca, impolverata dagli anni, ci facesse vedere le
scene di allora.
Non bastava una
semplice desaturazione, e per questo ho sbiadito i colori in modo
specifico e simbolico: l’azzurro del cielo è scomparso, perché non ci
può più essere un cielo allegro su Oradour; di verde rimane
poco, perché il
verde è vita, e la vita è stata tolta; restano gli oggetti inanimati: il
grigio sporco delle pietre e il rosso spento dei mattoni e del ferro
arrugginito.
La sottrazione del
colore, il perdersi dello sfondo, hanno fatto risaltare ancora di più le
luci che rappresentano la presenza non più fisica dei piccoli
protagonisti. Fino al momento in cui ogni colore si fonde là
, dove tutto
è luce”.
Paolo
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