Sentii
parlare per la prima volta di “drammaturgia” molti
anni fa, da Boris Gradnik, animatore di infinite attività
del Dipartimento DiAF e nel contempo autore di opere
riconosciute a livello nazionale e internazionale. Era un
termine che Boris utilizzava molto spesso nei Seminari per
esprimere considerazioni e giudizi sugli audiovisivi
presentati.
La prima
volta, nonostante i miei studi classici, rimasi spiazzato.
Mi toccava di sentire, dalla autorevole voce di Boris, che
quell’audiovisivo su Auschwitz era “privo di drammaturgia”.
Ma come? e i prigionieri? e i forni crematori? e
l’olocausto? Poco dopo proietta Roberto Santini, arcinoto
autore di audiovisivi umoristici ridicolissimi. E di nuovo
Boris: finalmente un’opera come si deve, ricca di
drammaturgia! Sconcerto profondo.
Mi
sentii in dovere di rispolverare le mie conoscenze liceali e
scoprii che ero caduto in un equivoco grossolano. Verificate
anche voi: "La drammaturgia è l'arte di scrivere
drammi… Un dramma è una forma letteraria che include
parti scritte per essere interpretate da attori…. Un dramma
può avere argomento tragico o comico"
recita Wikipedia, con riferimento al Dizionario della Lingua
Italiana e alla Enciclopedia Britannica.
Appurato
questo, rimaneva aperto un altro problema. Boris catalogava
un'opera come ricca di drammaturgia e un'altra no. Perchè?
In base a cosa? Una ricerca semantica più sofisticata ed
ecco: "... la parola drammaturgia ha assunto significato
più ampio dell'originale, non limitandosi unicamente ad
indicare l'atto dello scrivere per il teatro, ma anche
la serie di connessioni interne che esistono tra i
diversi elementi che compongono lo spettacolo".
E'
sufficiente trasferire queste considerazioni all'audiovisivo
fotografico e il gioco è fatto: a) noi realizziamo uno
spettacolo; b) questo è composto da diversi
elementi; c) questi elementi hanno delle
connessioni interne; d) le connessioni interne
costituiscono la drammaturgia.
Va da sé
che buone connessioni interne equivalgono a
buona drammaturgia. Un audiovisivo comico
avrà una buona drammaturgia quando le sue componenti
(idea, immagini, colonna sonora, montaggio, titolo ecc.)
risultano ben connesse tra loro e alla finalità che
l'autore si è posto. Se la finalità (come si presume) è
far ridere, tutte le componenti devono far
ridere.
Purtroppo la parola drammaturgia ha quella maledetta radice
"dramma" che confonde le idee. Perchè dramma è anche
la radice di drammatico. Ne consegue che si è portati
a pensare, come feci io la prima volta a proposito di
Auschwitz, che un'opera drammatica sia ricca di
drammaturgia.
Quando
sentiremo pronunciare questa parola nei nostri seminari, per
evitare confusione, consiglio di pensare subito ai suoi
sinonimi: coerenza, adeguatezza, corrispondenza, meno
incisivi ma più immediati.
Aria
fritta, dirà qualcuno. Ma proviamo, alla luce di queste
considerazioni e in particolare all'assioma buone
connessioni interne = buona drammaturgia, a valutare un
audiovisivo. Vi propongo di farlo con un audiovisivo
umoristico, è più facile. Visto che la sua finalità è far
ridere, proviamo a valutare le connessioni interne elemento
per elemento. Il titolo fa ridere? le
immagini sono coerenti con il titolo e con
l'obiettivo che si è posto l'autore? in sostanza fanno
ridere? la colonna sonora è adeguata e
coerente (drammaturgica quindi) con le diverse sequenze
fotografiche? cioè l'abbinamento musica/sequenza fotografica
fa ridere? e così via per ritmo, dissolvenze,
per tutti le componenti dell'opera. Le stesse fonts
utilizzate per i titoli.
Il
cinema in questo è maestro: Dario Argento, Fellini,
Spielberg, in realtà tutti i registi lavorano così.
Ma non
si tratta solo di un'analisi per esprimere giudizi. Molto di
più. E' un'analisi che l'autore stesso per primo deve fare
mentre crea la sua opera, mentre seleziona le foto adatte,
mentre sceglie brani musicali, cioè in tutte le fasi della
costruzione.
Ne
risulterà un'opera in cui gli elementi hanno una fortissima
coerenza tra loro e contribuiscono insieme alla finalità.
Conclusione: la sinergia di tutti questi elementi ben
studiati e fortemente drammaturgici inevitabilmente
ottimizza la percezione dell'audiovisivo ed è una condizione
base per una buona Dinamica Comunicativa.