La storia
dell’audiovisivo è stata per molti anni connessa alla diapositiva
che rappresentava l’unico sistema per realizzare serate di
intrattenimento e per condividere le proprie immagini in una sala, con
altri appassionati. Attraverso costosi proiettori, sincronizzatori audio
e sofisticate centraline di dissolvenza, la diapositiva ha permesso alla
fotografia di uscire dalla logica della carta patinata, della mostra,
del libro fotografico e di inventare un linguaggio nuovo, consentendo la
realizzazione di spettacoli e rassegne pubbliche.
La diapositiva,
per i fotoamatori e per i circoli fotografici, è stata una grande scuola
di fotografia. Non consentendo ritagli se non attraverso complesse, e
spesso discutibili, metodiche di riproduzione, ci ha educato alla
inquadratura e alla composizione dell’immagine, un patrimonio veramente
prezioso, in un’epoca in cui non c’era il cestino a disposizione.
Il limite della
diapositiva è sempre stato il colore. Il punto d’onore del fotoamatore
produttore di audiovisivi era l’assoluta fedeltà dei colori. Si
acquistavano pellicole “invertibili” imbobinate manualmente, per
mantenere una cromaticità omogenea tra tutte le immagini. Si cercavano
le pellicole più performanti, Ektachrome 64 Pro, Provia, Velvia, e il
laboratorio più idoneo, fino a spedire i rullini in Svizzera, a Losanna,
per avere la perfezione Kodachrome.
Questo mito della
fedeltà dei colori si è sgretolato pian piano con l’avvento del digitale
e con il perfezionamento dei programmi di post produzione. Il
laboratorio di sviluppo ora è nel proprio computer e consente di
ottenere soluzioni cromatiche estremamente varie. Dopo un inevitabile
periodo di inerzia, che ha visto gli autori fortemente concentrati
sull’acquisizione delle modalità di impiego dei software di montaggio,
l’attenzione si è spostata sulla colonna sonora, con i relativi sistemi
di mixaggio, poi sulla regia, con le più varie sperimentazioni e, solo
da pochi anni, è venuto il momento del colore.
Quanti approcci si
possono usare nel trattare il tema dei colori? Quello tecnico, che del
colore misura tonalità, luminosità e saturazione, quello “colto”, che
studia le differenze d'interpretazione simbolica dei singoli colori,
quello psicologico/emotivo, che più di tutto si avvicina all’espressione
artistica.
Da secoli la pittura si è
servita del colore per trasmettere emozioni. Le infinite combinazioni
sulla tavolozza creavano cromaticità dotate di una forte capacità di
comunicazione emotiva.
Nel 1597 El
Greco realizzava questo Cristo sulla Croce: “Il
colore del dipinto è verdastro e tendenzialmente scuro. Il corpo di
Cristo è livido con ombre tendenti al verde e al grigio.
L’illuminazione è mistica e non reale, in quanto il cielo è cupo e buio,
illuminato da sprazzi di luce che provengono oltre le nubi nere e
minacciose”.
“I GIRASOLI
(1888) sono fiori che esprimono positività e così fu anche per
Vincent Van Gogh che, in Provenza, si sentiva avvolto da una perenne
luce dorata. Proprio quella particolare luminosità del sole della
Provenza fu il pretesto per usare l’intero spettro del giallo. Il giallo
ha una valenza psichica fortemente positiva e tutti vi associano il
sole, il calore, la luce, l’amicizia, la speranza” (Daniela De Candia).
Il colore è un
elemento fondamentale nel mondo del marketing. Le scelte
pubblicitarie sono molto influenzate dagli elementi visivi e lo stimolo
dato dal colore è quello che ha la maggiore componente persuasiva. Per
questo motivo le aziende seguono con attenzione la scelta dei colori del
prodotto e le tonalità della sua pubblicizzazione, cercando di
individuare il profilo psicologico del consumatore a cui è destinato.
Mi sembra
evidente che la scelta del colore di questi due mulini non sia stata
casuale ma abbia tenuto conto delle motivazioni e del profilo
psicologico del consumatore.
Da decine di anni
il cinema ha abbandonato il concetto di fedeltà dei colori, tanto
caro a noi fotografi, sostituendolo con il color grading
(gradazione di colore), realizzando viraggi cromatici capaci di
sottolineare, enfatizzare, coinvolgere lo spettatore. Le scelte di
questi viraggi nascono da precise analisi delle tematiche proposte nel
film e dalla conoscenza della corrispondenza emotiva (mood = umore,
stato d’animo) del colore di riferimento. Si parla di mood della
fotografia. Per capire meglio questi concetti vi suggerisco il breve
e divertente cortometraggio Color Psycology in Films a questo
link:
[....]
La diffusione di
questi concetti è talmente capillare da essere entrata anche nei nostri
cellulari dove Instagram propone una quantità industriale di
filtri coi nomi più assurdi, per ottenere viraggi delle foto postate,
con risultati spesso discutibili.
Negli ultimi anni
vari autori di audiovisivi hanno affrontato in modo nuovo il tema
del colore. Ricordo L’ultimo elefante del gruppo GFS (2013), dove
il grading livido asseconda la drammatica atmosfera post-atomica. La
promesa di Umberto Sommaruga, propone una scelta di tonalità calde,
che riproducono l’atmosfera di Cuba, ma fortemente desaturate, in
rapporto alla drammaticità della manifestazione religiosa.
Nel mio La
ragazza del New Jersey (2014) coesiste un BW molto contrastato che
si contrappone alla ragazza del sogno, volutamente a colori, con toni
caldi e sfumati. Vedi:
[...]
I software di
post-produzione fotografica si sono attrezzati, mettendo a disposizione
soluzioni di color grading preformate.
Probabilmente non
tutti conoscono la Finestra “Consultazione colore” di
Photoshop. Si raggiunge mediante
Immagine/Regolazioni/Consultazione colore oppure creando, come nuovo
livello di regolazione, Consultazione colore. Questo sistema
mette a disposizione una trentina di profili (LUT) ma se ne possono
creare altri, a nostro piacere, che potranno essere salvati,
immagazzinati in una cartella e riutilizzati al bisogno. Il procedimento
è descritto in questo tutorial:
[...]
Molto conosciuto
è il sistema di viraggio cromatico presente in Lightroom: i
cosiddetti “Predefiniti” offrono numerose soluzioni ulteriormente
manipolabili e memorizzabili. Di recente anche Camera Raw si è
uniformata, con una scelta meno ricca. Molto interessante è la Nik
Collection che sicuramente ha la maggiore gamma di possibilità. La
versione free si può scaricare da:
[...]
Il limite, per
chi realizza audiovisivi fotografici, è rappresentato dalla difficoltà
di rendere il Color grading omogeneo tra tutte le foto. Dovendole
ritoccare una ad una, sono inevitabili errori e sbavature di
cromaticità.
Il motivo è che le condizioni di illuminazione cambiano ed è spesso
difficile sapere come appariranno i colori e le ombre. Ed ecco che, dal
mondo del cinema, arrivano i LUT, profili colore preimpostati,
utilizzati in programmi nati per il montaggio cinematografico come
Davinci Resolve, Adobe Premiere, Final Cut, After Effects, ma
utilizzabili anche per il montaggio di audiovisivi.
LUT (Look-Up
Table)
significa Tavola di consultazione
colore. Si tratta di fatto di preset cromatici applicabili
sui video, ma anche su sequenze fotografiche come nel nostro
audiovisivo. Il seguente tutorial è un esempio dell’impiego dei LUTs in
alcuni dei programmi indicati:
[...]
Vorrei concludere con un invito
ad uscire dalla logica della fedeltà dei colori perfettamente
corrispondenti alla realtà per sperimentare nuove soluzioni che
tengano maggiormente conto dei contenuti emotivi del tema trattato e,
contemporaneamente, in grado di esprimere la nostra creatività e il
nostro stato d’animo nei confronti del soggetto della nostra opera.
Vedi:
[...]
NB: vi invito a
leggere l’articolo di Giuliano Mazzanti, Le Cromie delle immagini,
pubblicato sul Notiziario n° 79 del DiAF
[...]
che contiene interessanti riflessioni sul tema del colore e del bianco e
nero.
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